
Ciao Yankele, scusa una cosa. Qui è scoppiato il merdone Lars von Trier a Cannes. Ora, il buon Lars è sempre stato prono alla cagata, a dirla grossa, farsi detestare eccetera. Un po’ perché, dicono, è un depresso cronico; un po’ perché gli piace, il suo cinema è fatto di quello, cioè prendere categorie morali condivise, e sfondarle. La cosa può piacere o no, è chiaro, ma non si può dire che Fellini non fosse un amante delle tettone, né che von Trier sia mai stato in alcun modo accomodante.
Si trova in Francia, a Cannes, in un posto dove i temi edificanti raccolgono applausi automatici. Sta facendo la conferenza stampa. Dice qualche cazzata, qualche cazzata evidentemente paradossale, perché il fatto che lui non sia un nazista è evidente a tutti, e scoppia il putiferio.
Ora, io comincio col chiederti se sia davvero il caso di pensare che il nazismo sia dire «Sono un nazista», se non si possa a volte pensare che ridere del nazismo, perfino giocarci, sia lecito. Poi andiamo avanti. Per ora, questo.
Matteo
Partiamo dal presupposto che non amo von Trier, lo trovo un furbacchione alla Allevi (ma se mi metto a spiegare il perché si va off-topic). Ma certo che si può ridere del nazismo, sono sessant’anni che si ride del nazismo, dal Grande Dittatore alle Sturmtruppen ad ‘Allo ‘Allo passando per Tarantino. Si può giocare col nazismo, dai primi anarcopunk ai Laibach a Wolfenstein 3D.
Ma quelle sono opere o prodotti di intrattenimento, poi se un individuo dice «io sono un nazista», si passa alla dichiarazione di identità. Secondo me von Trier non si merita questo putiferio, che ha creato ad arte per far parlare di sé dopo un film definito «mediocre» e «noioso» dalla critica. Lo ha fatto anche Mel Gibson, dai. Il suo film faceva cagare? «Colpa del complotto giudaico! Io sono un nazista!» Fiumi e fiumi di inchiostro. Alé. Von Trier è un nazista? Boh. Però lo ha dichiarato, come Gibson. Poi Gibson è stato fermo un giro, ha detto «scusate, è che sono un alcolizzato» e rieccolo sulla croisette.
Von Trier dirà «scusate, è che sono un maniaco depressivo» e fra due anni lo rivedremo a Cannes, speriamo con un film decente. Secondo me gli rode il culo che l’unico bel film del Dogma sia Festen di Vinterberg, tant’è che ne riprende alcune parti (i discorsi coi brindisi, la sposa che si scopa un tizio nel gran giorno) in Melancholia, cosa che non è sfuggita ai critici. Ooops, se ne sono accorti, come faccio a farli parlare d’altro continuando a farli parlare di me? Sono un nazista.
Yankele
No, ma scusa, non possiamo mettere sullo stesso piano due cose così. Da una parte abbiamo un cristiano fondamentalista, uno che fa parte, insieme al padre, di una setta scismatica lefebvriana che crede nella messa in latino, nel rigore assoluto dei dogmi eccetera. Più volte Gibson ha ripetuto stronzate su qualsiasi argomento, non boutade, non cazzatelle uscite così, tra la voglia di dar fastidio e due birre di troppo. Il suo cinema, che esalta una forza e una dignità primigenie, anteriori alla cultura e al progresso, è perfettamente in linea con la paranoia antiebraica eccetera.
Lars von Trier è un regista capace. Poi a te può non piacere, ma è uno che ha fatto del cinema importante in questi anni, e ha cercato, sempre, proprio nei suoi film, di prendere di taglio, anche forzatamente, qualsiasi tema. Dal coro greco dei lavapiatti down in The Kingdom, fino alla crudeltà verso i bambini nel finale di Dogville, passando per il sadismo esistenziale sopportato da Björk, von Trier ha sempre lavorato su quello che non sta bene dire, fare, pensare. E il fatto che gli sia uscito di rompere il cazzo, scandalizzare i giornalisti, gli attori, la stampa e l’opinione pubblica va in questa direzione.